Paolo Rosselli

“Non posso fare a meno degli scrittori”

2 LUGLIO 2018

In via Rovani, a Milano, si respira una quiete innaturale di palazzoni più austriaci che lombardi, fatti di scale di marmo, pomelli in ottone e ascensori in ghisa. Paolo Rosselli ci vive e lavora da “sprofondato in fondo a una grande città”, come in una canzone di Paolo Conte, avvolto nel robusto aroma del tabacco danese della sua pipa. La conversazione avviene nel suo studio fotografico, sotto lo sguardo vigile di una dama ottocentesca, un piccolo paesaggio desertico di Superstudio e alcune tazze di caffè.

Hai da poco presentato alla Biennale di Venezia il tuo ultimo libro, A Talk on Architecture in Photography, pubblicato da Scopio Editions, che è un concentrato del tuo lavoro più recente e soprattutto un dialogo con Pedro Gadanho. Come è nato questo progetto? Il Portogallo è un paese a cui non sembri legato in modo particolare.

Tutto è partito da un’iniziativa di Pedro Leão Neto, che per Scopio Editions ha inaugurato una collana di libri dedicata a singoli autori. Nel 2015 sono stato invitato a una conversazione pubblica alla Casa das Artes di Porto con Pedro Gadanho, che all’epoca era curatore di architettura del MoMA di New York, mentre ora è il direttore del nuovo MAAT – Museu de Arte, Arquitetura e Tecnologia di Lisbona. In effetti, ho lavorato solo sporadicamente in Portogallo, nel 1998 per fotografare la stazione all’Expo di Lisbona di Santiago Calatrava, architetto con cui ho collaborato molto negli anni Ottanta e Novanta1. In quella occasione conobbi fortuitamente José Charters Monteiro, allievo di Aldo Rossi a Milano nonché suo traduttore in portoghese, con cui in seguito sono diventato molto amico, ma questa, come si dice, è un’altra storia.

Leggendolo ritrovo alcune costanti, l’architettura naturalmente, ma anche quello che non so se posso definire un genere, vale a dire la fotografia “dall’automobile”, che hai affrontato prima con la pellicola e poi con il digitale. Non mi pare che questo passaggio tecnologico, epocale, abbia inciso granché nel tuo caso, almeno in questo tipo di produzione. Cosa ne pensi?

Sì, è vero, l’automobile o meglio la vista dall’auto è un soggetto-immagine che ha un’origine lontana. Credo di avere cominciato in India, senza l’intenzione di farne una costante. Intendo dire che spesso alcune idee che caratterizzano la fotografia nascono inconsapevolmente…

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